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Movimenti di grovigli per cavallo pensante, su ripiani trasparenti

Tipologia: quadro
Dimensioni: 100x200cm
Artista: Michele Fiocco
Tecnica: miste su tela

“Chiedimi di mostrarti poesia in movimento, e ti mostrerò un cavallo” (Ben Jonson)
Fin da che l’uomo ha memoria il cavallo è sempre stato presente nella sua esistenza, un animale su cui poter fare affidamento sia nel lavoro più faticoso, sia negli  spostamenti, sia, non da ultimo, nel combattimento e nella difesa delle proprie terre.
Nelle antichissime Grotte di Lascaux, ad esempio, le oltre seicento pitture murali scoperte includono le immagini di alcuni cavalli, forse come buon auspicio per una fruttuosa caccia, o forse per conferire loro poteri apotropaici legati a credenze mistiche.
Anche le antiche civiltà degli Ittiti, degli Egizi, dei Cinesi e dei Greci, rappresentavano spesso cavalli nei loro manufatti, talvolta persino considerandoli animali sacri, mentre gli antichi Romani amavano omaggiare i loro grandi condottieri raffigurandoli in sella ad imponenti equini, per ribadire il loro valore militare e mostrarli in tutto il loro prestigio e in tutta la loro magnificenza. Non mancano manifestazioni di interesse culturale ed artistico nemmeno nei secoli più recenti, tanto che nel Rinascimento, per molto tempo, il cavallo viene studiato ed indagato nelle sue componenti fisiche per darne la più fedele rappresentazione anatomica, con l’intento di raggiungere il maggiore naturalismo possibile.
Si giunge poi, in questo rapido viaggio nel tempo, al 1878 quando il fotografo inglese Eadweard Muybridge, attraverso numerosi esperimenti di cronofotografia, analizza il movimento del cavallo e dimostra che esiste un momento durante il galoppo in cui l’animale solleva da terra contemporaneamente tutti e quattro gli zoccoli, ma non nella posizione di completa estensione, come invece veniva comunemente raffigurato nei dipinti.
L’ultimo riferimento alla storia dell’arte che citiamo è Vasilij Kandinskij il quale, insieme ad altri artisti tra i quali Franz Marc, fonda nel 1911 un movimento artistico chiamato Der blaue reiter, ossia Il cavaliere azzurro, omaggiando da un lato l’amore di Kandinskij per il colore blu, colore della spiritualità, e dall’altro la passione di Marc per i cavalli; sembra che questo nome, nonostante la breve vita del movimento, abbia portato bene, dal momento che ha aperto le porte ad una delle più tuonanti rivoluzioni dell’arte degli ultimi secoli, l’arte astratta.
È doveroso introdurre l’arte di Michele Fiocco (San Bonifacio, VR 1964) con un seppure veloce excursus riguardante il cavallo e la considerazione che nei secoli esso si è guadagnato, perché significa sondare le origini da cui prende vita il pensiero profondo dell’artista, e comprendere le ragioni della scelta, che da anni viene portata avanti in maniera coerente, di fare del cavallo l’unico soggetto della sua intera produzione artistica.
Si tratta senza dubbio di un atto ripetitivo, che contribuisce anche a rendere riconoscibile il lavoro di Fiocco, ma che non è affatto meccanico perché ogni opera vive concettualmente una vita autonoma dalle altre ed include uno scrigno colmo di significati, più o meno celati, e di riferimenti da svelare.
I cavalli di Michele Fiocco altro non sono che lo specchio delle più comuni e condivise caratteristiche umane; da un lato essi, con le loro lunghe ed esili zampe (non necessariamente quattro) si mostrano nella loro precarietà, nella difficoltà di reggersi e di mantenersi stabili, dall’altro, però, quelle stesse fragili zampe sono capaci di sostenere il peso di un corpo possente e vigoroso che non potrebbe stare in piedi altrimenti. Si tratta allora di una dicotomia che prevede la contraddizione di due parti ma, al tempo stesso, ne esalta la loro complementarietà e il loro bisogno reciproco.
Non esiste uomo che non sia la fusione di fragilità e resistenza, di istinto e ragione, di bene e male e che, dunque, non incarni in sé una serie di contraddizioni senza le quali non potrebbe definirsi umano.
I cavalli di Fiocco abbracciano queste contraddizioni, anche attraverso l’uso dei colori talvolta in contrasto nelle tonalità, e vengono rappresentati con alcuni elementi tipicamente umani come cuori rossi, per ribadire la potenza dell’istinto e della sfera sentimentale, o oggetti come edifici, alberi e vasi di fiori che attestano la presenza umana.
In fondo l’uomo stesso è un animale, dotato di ragione, e gli occhiali che spesso i cavalli di Fiocco indossano ci invitano ironicamente ad utilizzare al meglio questa caratteristica prettamente umana, e di guardare ben oltre ciò che è facile e conosciuto.
Lo stesso artista cerca di farlo mettendosi in discussione e allontanandosi dalla definizione esclusiva di pittore per sondare nuovi terreni in cerca di ulteriori linguaggi artistici che lo possano far sentire rappresentato; ecco allora che i suoi cavalli, oltre che su tele quasi sempre di grandi dimensioni, prendono vita anche su formelle e piatti in argilla, dove la potenza della tridimensionalità conferisce movimento a forme apparentemente statiche, su vasi e all’interno di elaborazioni digitali di suoi schizzi e disegni su cui l’artista, una volta stampati su alluminio, interviene pittoricamente per rendere possibile una condivisione tra momenti e linguaggi espressivi differenti.
Il sapersi muovere tra diversi media dimostra versatilità pratica e di pensiero, unisce modalità di rappresentazione molteplici che oscillano tra la figurazione dei soggetti, riconoscibili ma non reali, quasi provenienti da mondi onirici, che si rivolgono con immediatezza comunicativa all’osservatore, e un linguaggio informale più intimo e carico di istintività.
Un’altra antinomia, tra le tante, dell’essere umano.

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